Foto: Andrea Marcucci senatore Pd
Che il Pd avesse scelto di ricorrere alla Consulta per la questione Manovra 2019, si sapeva dal 28 dicembre, quando il Senatore Andrea Marcucci e il deputato Matteo Orfini, in una conferenza stampa alla Camera, ufficializzavano la decisione da parte dei Dem di rivolgersi alla Corte Costituzionale. Ma non è andata esattamente come l'opposizione sperava. Dopo aver gridato per giorni all'incostituzionalità tra i banchi del Parlamento e organizzato manifestazioni in piazza Montecitorio, con pochi partecipanti ma tanti volenterosi in vena di canto nostalgico sulle note di "Bella Ciao", la risposta che gela arriva e con comprensibile delusione, la sinistra apprende che la Consulta dichiara "inammissibile" il ricorso del Pd sull'approvazione della Legge di bilancio. E così il "boomerang" torna a farsi vedere nei cieli di una sinistra che pensava di tornare a vivere teatralizzando un'opposizione basata su grida, attacchi verbali e fascicoli che volano in Aula. Ha sbagliato ancora e questa volta il fascicolo in faccia, quello della Consulta, l'ha preso lei. La Corte infatti, non ha ravvisato nelle violazioni denunciate "quel livello di manifesta gravità che, solo, avrebbe potuto giustificare il suo intervento". Il Pd, ricordiamo, denunciava una grave compressione dei tempi di discussione del Ddl, che avrebbe svuotato di significato l'esame della Commissione Bilancio e impedito ai singoli senatori di partecipare consapevolmente alla discussione e alla votazione. Ma la Corte, analizzando le modalità con cui il Senato ha approvato la Manovra 2019, si è pronunciata a favore della procedura e ha bocciato il ricorso. Nelle motivazioni si evince che la Consulta ha anzitutto ritenuto che "i singoli parlamentari sono legittimati a sollevare conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro". La Consulta ha inoltre specificato che "La contrazione dei lavori per l'approvazione della Legge di bilancio 2019 è stata determinata da molteplici fattori, derivanti sia da specifiche esigenze di contesto, sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali, sia da nuove regole procedimentali. Tutti questi fattori hanno concorso a un'anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei". La Consulta ha però concluso specificando che "per le leggi future simili modalità decisionali dovranno essere abbandonate altrimenti potranno non superare il vaglio di costituzionalità".
Elisa Saltarelli